un nuovo lavoro di preziosi ricami d’autore che porta la firma di Paolo Capodacqua in cui il tempo si congela e l’ascolto si fa necessariamente poetico e alto.
Dalle feritoie hai cantato tantissime ferite che ci portiamo dentro. Almeno
un nuovo lavoro di preziosi ricami d’autore che porta la firma di Paolo Capodacqua in cui il tempo si congela e l’ascolto si fa necessariamente poetico e alto.
così ho voluto leggere questo bel- lissimo disco. Innumerevoli ponti e metafore per raccontare la vita che abbiamo. La verità secondo te è dalla parte delle ferite o dalla parte delle feritoie?
La verità come sempre sta nel mezzo. Non è data un’esistenza senza ferite o senza feritoie, anche perché spesso le une sono la trasfigurazione delle altre e insieme formano la dicotomia perfetta sulla quale regoliamo i nostri cicli di caduta e rinascita. La cosa che mi interessava sottendere in questo lavoro è la possibilità di concepire le feritoie e le ferite in una prospettiva ambivalente dentro/fuori, interno/ esterno, cioè adottare un doppio punto di osservazione per guardare dentro noi stessi affrontando la realtà esterna incorporandola. Siamo osservatori e osservati. Le nostre ferite possono essere le feritoie che ci permettono di rinascere e, contestualmente, permettono agli altri di “guardarci dentro”. Un processo empatico che può passare anche attraverso la poesia. A questo proposito mi viene in mente Novalis. “La poesia guarisce le ferite inferte dalla ragione”.
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