Con la voce poteva cantare qualsiasi cosa, dal pop alla lirica, dall’imitare il grido dei gabbiani agli spot pubblicitari ad alta intensità vocale (come quello, storico, di una nota marca di televisori), dalla canzonetta balneare a romanze classiche. Un’artista che ci ha lasciato gioielli preziosi e che mai è scesa a compromessi con l’industria discografica.
LA sua prima vera occasione per farsi conoscere è stato il Festival di Voci Nuove di Castrocaro, edizione ’67, dove Giuni Russo (all’anagrafe Giuseppa Romeo) vinse a mani basse cantando due successi del momento, Nel sole di Al Bano e A chi di Fausto Leali (l’altro vincitore fu Elio Gandolfi) e che ebbe come madrina Caterina Caselli. Premio assegnato ai vincitori la partecipazione al Festival di Sanremo successivo, quello del ’68. La ragazza (nata il 7 settembre del 1951 a Palermo ma registrata tre giorni dopo) proviene da una famiglia numerosa, penultima di nove figli, in una casa dove si respira musica, soprattutto lirica (la madre era un soprano naturale, come la nonna, il padre baritono). A tredici anni inizia a cantare in pubblico. Tre anni dopo l’iscrizione a Castrocaro. Gianni Ravera, che credeva molto in lei, le assegna per Sanremo il “valzerone” No amore, testo di Vito Pallavicini e musica di Enrico Intra, brano ripetuto dal cantante chitarrista francese Sacha Distel. Il pezzo non valorizza però la grande potenzialità vocale della sedicenne cantante siciliana.
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