Lucio Dalla, bolognese, classe 1943, inizia la sua carriera artistica suonando il clarinetto nei Flippers, gruppo che accompagna Edoardo Vianello. Scritturato come cantante solista dalla Arc, etichetta satellite della RCA, grazie all’interessamento di Gino Paoli, Dalla debutta al Cantagiro ’64 col brano Lei (non è per me), il primo di una lunga serie di flop. Ennio Melis, il “boss” della RCA, crede però fermamente in lui, fino a portarlo, dopo una estenuante gavetta, ad un successo straordinario e duraturo che lo consegna di diritto alla storia della musica d’autore italiana.
Sembra incredibile, vista l’ec- cezionale caratura artistica dell’immenso cantautore emiliano, ma Lucio ha impiegato moltissimi anni a farsi accettare dal pubblico. Penalizzato da un aspetto fisico non proprio da Adone (in un’epoca nella quale i cosiddetti “belli” andavano per la maggiore), da un look stravagante e da canzoni anticonvenzionali e irriverenti, Dalla non ce la faceva proprio a sfondare. Anzi, negli anni d’oro del pop italiano, veniva catalogato come un “oggetto misterioso”, quasi un alieno, un elemento di disturbo. E così, mentre i colleghi di scuderia Rita Pavone, Gianni Morandi e Patty Pravo vendevano milioni di dischi, primeggiando sulle copertine di tutti i rotocalchi, lui rimaneva al palo.
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