Esattamente cinquant’anni fa, la notte tra il 26 e 27 gennaio ‘67, ci lasciava uno dei cantautori più sensibili, più moderni e più riflessivi tra gli esponenti dell’allora canzone d’autore: Luigi Tenco. Non un semplice autore e interprete di canzoni ma un vero e proprio “poeta dell’amore”. L’amore come solo lui sapeva raccontare, anche negli aspetti più sofferti e tormentati. Il vuoto che ha lasciato ci fa riflettere con rammarico su quanto ci avrebbe potuto ancora dare se la sua vita non si fosse interrotta tragicamente.
Non ci interessano le circostanze in cui Luigi Tenco è venuto a mancare, si sono sprecate già troppe parole, supposizioni, teorie, su questa tragedia accaduta durante lo svolgimento del diciassettesimo Festival di Sanremo, edizione nella quale il cantautore gareggiava, in abbinamento con Dalida, con il brano Ciao amore, ciao. La giuria come è noto, non la seppe apprezzare, né tantomeno fu capita dalla commissione incaricata di ripescare un brano eliminato e riportarlo in gara, che riprese invece un’ insipida e banale canzonetta come La rivoluzione che quasi nessuno oggi ricorda. Tenco era tutt’altra cosa.
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