Dicembre 1969. È una mattina piovosa quella che nella mente di Domenica Bertè si staglia limpida come un giorno di rinascita. Scarcerata dopo mesi di reclusione per un quarto di spinello dimenticato nel fondo di una borsetta, la giovane cantante, lanciata da Carlo Alberto Rossi, ha deciso di ricominciare a vivere e a cantare, ma solo per se stessa.
È in questo momento che il destino decide di truccare le carte in suo favore. Il deus ex machina si chiama Alberigo Crocetta. Fa l’avvocato, ma a Roma lo conoscono tutti come l’inventore del Piper Club, il locale di via Tagliamento che a Viareggio ha una sede gemella, il Piper 2000. È il 1970, ultimo martedì di Carnevale. Il locale è rimasto a secco di musica e il trio con il quale Domenica ha deciso di riprovarci spronata dall’amico Toto Torquati, arriva da Roma a tamponare la falla. Crocetta li ascolta, ma è soprattutto quella strana cantante, dalla voce ipnotica e dagli occhi bistrati, ad attirarlo come una calamita. Per lei ha già pronta una nuova identità: dalle ceneri di Mimì Bertè nascerà Mia Martini. Mia come la Farrow, Martini come il nome italiano più famoso all’estero. Il primo passo è un contratto con la RCA, l’etichetta discografica più potente al mondo, prova generale di un esordio che a breve la consacrerà vincitrice del primo Festival d’Avanguardia e Nuove Tendenze di Viareggio, tenutosi nella pineta di Lago Mare, tra maggio e giugno 1971.
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