Il primo amore non si scorda mai! E in questi revival di gruppi che hanno fatto la storia del progressive italiano non poteva mancare il Museo Rosenbach che nel 1973 realizzò Zarathustra, un album perlopiù boicottato dai discografici come dalla critica ma che ottenne una rivalutazione crescente negli anni fino a risultare oggidì come uno dei pilastri della musica di quel decennio, distanziando, ma di poco, i coevi capolavori della PFM e del Banco.
L’isolamento fu dovuto ad un equivoco e ad una gaff dei grafici sul
collage di copertina (quella mezza faccia fra i vari ritagli è o non è quella del Duce?) che unita alla filosofia “illuministica” e nichilistica dei testi, dovuti all’intellettuale del gruppo, il tastierista Alberto Moreno non poco contribuirono a far rimanere con un palmo di naso i ventenni musicisti per l’insospettato ostracismo nei loro confronti, anche da parte della RAI. Giancarlo Golzi, il batterista anima del gruppo poi, si sa, si prese la giusta rivincita con la quarantennale scia di successi planetari nei Matia Bazar. Proprio con lui e con Moreno abbiamo avuto questo scambio di battute in occasione del ritorno alla grande con il nuovissimo lavoro Barbarica e con il doppio Live in Japan che sta per essere pubblicato, anche nella vesione in vinile.
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