Nel 1975 la musica rock si trova di fronte ad una delle ultime svolte significative di fine millennio. Il rock progressivo, che ha dominato la prima parte della decade, comincia a mostrare i primi segni di involuzione, divenuto oramai sempre più autoreferenziale, forzatamente complesso e privo di reali spunti emotivi.
Molti artisti si accorgono di questa regressione e decidono di porre fine alle eccessive sperimentazioni che erano arrivate al punto di rendere asettico il rapporto con il pubblico. La scelta evidenziata da quelle band che avevano abusato delle sonorità esageratamente enfatiche si muove verso il folk rock o la canzone rock di approccio più tradizionale non disdegnando talvolta una proposta quasi cantautoriale (emblematica, a tal riguardo, la parabola dei Jethro Tull). Ma le formazioni che nascono in quegli anni, e che non hanno mai avuto il rock progressivo nelle loro corde, prendono una strada diversa, quella del ritorno alle origini, alla naturalità, quasi, potremmo dire, alla primordialità. Le composizioni divengono così elementari, i virtuosismi e gli assolo un tabù da bandire, la strumentazione non va oltre le tradizionali sei e quattro corde e una batteria, i testi sono nel migliore dei casi ironici e provocatori, quando non del tutto apertamente nonsense.
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