La drammatica caduta della regina del Mediterraneo antico raccontata dalle pagine di Emilio Salgari rivive come una Stalingrado ante-litteram in un peplum di buona fattura per la regia di Carmine Gallone, già autore di quel Scipione l’africano simbolicamente celebrativo del sogno mussoliniano eretto sulla cima dei colli fatali di Roma.
Leggendo il poco noto romanzo di Emilio Salgari, Cartagine in fiamme, edito nei primi del ‘900 si intuisce che l’autore parteggi per i cartaginesi, ed è forse questo uno dei motivi per cui il libro ha avuto così poco successo nell’Italia post “giolittiana” bardata di tutto punto per andare incontro alla catastrofe. Inoltre, la letteratura europea già vantava il più blasonato Salambò di ambientazione cartaginese nato dalla penna di Gustave Flaubert, edito nel 1862, che sarebbe poi diventato uno dei testi classici fondamentali della stessa letteratura contemporanea e moderna, a cui va aggiunto il trionfo cinematografico di Cabiria che avrebbe chiuso la tenaglia sulla Cartagine salgariana. Il film, abbastanza fedele al romanzo, narra del duplice triangolo amoroso tra i protagonisti nel contesto della terza guerra punica che si concluderà con la totale distruzione della città africana.
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