Considerato come uno dei film più costosi e fallimentari della storia del cinema, il 12 giugno del 1963, veniva proiettato a New York in prima mondiale Cleopatra, kolossal storico sentimentale che ancora oggi conserva tutto il fascino di un epoca fastosa che trasudava degli scandali che appassionavano i media di tutto il mondo e dei fasti di uno star system alle sue ultime ma ancora ciclopiche battute.
A cinquant’anni dalla sua uscita è ancora possibile parlare di questo film senza usare aggettivi appropriati ed altrettanto abusati come faraonico e grandioso?
E’ ancora possibile dire qualcosa di nuovo dopo fiumi d’inchiostro lunghi come lo stesso Nilo versati cercando di nobilitare o denigrare un’opera così controversa e discussa? Probabilmente no. E’ però possibile un tentativo di rilettura con occhio distaccato a mezzo secolo dalla sua uscita, per trovare punti di merito o demerito nei confronti di quello che fu giudicato impietosamente come il più grande “fiasckolossal” di tutti i tempi che determinò il fallimento della 20th Century Fox, una delle storiche e maggiori case di produzione di Hollywood, e che trasformò Elizabeth Taylor nella massima icona della mitica Regina d’Egitto. Le travagliate vicende che accompagnarono la lavorazione del film, sono oggi giudicate e riviste come quasi sempre realizzate ad arte per fornire al progetto, che rischiava già di fallire al primo giro di manovella, un efficace impianto pubblicitario. In realtà le ambizioni per l’impresa erano smisurate rispetto alle reali possibilità e volontà messe in campo, e ben presto sfuggirono di mano sia ai produttori che ai curatori del film nonché ai suoi capricciosi protagonisti.
Il budget stimato inizialmente non avrebbe dovuto superare i 3/4 milioni di dollari dei quali solo uno spettava per contratto alla Taylor, mentre alla fine delle riprese il consuntivo rasentò la vertiginosa cifra di 45 milioni di dollari.
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